Il futuro di Cuba verrà costruito con il riciclo delle macerie edili

A Cuba, nel municipio de Marianao, noto per la sua tradizione edile, è stato relizzato  la Planta de Reciclaje de Escombro Husillo nel quale 30 lavoratori producono un materiale che i cubani chiamano aresco, prodotto a partire dalla selezione e macinazione di resti delle demolizioni, dei crolli e delle opere di ripristino in corso nella capitale l’Avana.

Nella Cuba del post-castrismo che sta cercando faticosamente cercando la sua strada tra il socialismo reale e un futuro più sostenibile, stanno nascendo piccole imprese private che comprano, vendono e riciclano macerie all’interno del Pograma de producción local de materiales de construcción, un’iniziativa  che nell’ulitimo quinquennio ha avuto una crescita annua tra l’8 e l’11% e che non riesce a soddisfare la domanda da un settore economico-residenziale in forte crescita.

Richard Ramírez, il capo di una brigada che gestisce un deposito all’aperto che può ricevere fino a 300 m3 al giorno di macerie, ha spiegato all’agenzia IPS che  «Si vende tutto… dopo che i muratori lo hanno usato per la primna volta, l’aresco viene accettato. Insegniamo loro come si deve usare questo aggregato che può essere utilizzato per tutto meno che per le fondamenta».

In un depliant essenziale e non patinato che l’impianto di riciclaggio consegna ai clienti si legge che l’aresco è «un prodotto riciclato di qualità comprovata (…) da utilizzare cemento da muratura». Ramírez spiega che nell’impianto . ativo dal 1998 – dove lavora »Separiamo anche il ferro che va alla Materia prima (il nome cubano per le imprese di riciclaggio) e il legno che viene usato dagli stessi lavoratori… alcuni lo usano per cucinare da mangiare e il maiale».

Nonostante Cuba sia forse il Paese più resiliente del mondo – anche “grazie” al boicottaggio commerciale Usa – il riciclaggio è ancora una delle aree più arretrate del Programa de producción local y venta de materiales de la construcción, un’iniziativa sostenuta dal ministero delle costruzioni e attuata dai governi locali, alla quale aderiscono attività produttive statali, private e cooperative.

L’Ips sottolinea che «Questo programma istituito nel 2011, raggiunge oggi 168 municipi di questa nazione insulare caraibica di  11,2 milioni di abitanti, però la produzione esiste solo in 128 dei 1.427 consejos populares, la divisione territoriale più piccola in un municipio, che questo progetto vorrebbe coprire nel lungo periodo

Anche se a Cuba non esistono ancora modelli o regolamenti per la gestione integrale delle demolizioni e dei rifiuti delle costruzioni per ottenere aggregati, secondo gli specialisti, «Lle esperienze isolate attuate nella capitale, tra cui Pinar del Río, Matanzas e Villa Clara, dimostrano redditività e attirano operatori privati ​​e informali».

Almeno in questo caso, il modello di una Cuba isolata e impermeabile alle novità che piace tanto ai media occidentali non funziona: il riciclo dei detriti edili arriva a Cuba sull’onda dell’ampio sviluppo che ha avuto a livello mondiale, in particolare in Europa e in Asia e potrebbe risparmiare al Paese di Fidel e Che Guevara il triste spettacolo delle mini-discariche abusive che punteggiano le strade periferiche e le campagne italiane

Rayza Sobrino, che sta facendo manutenzione al suo appartamento nel comune di Cerroos, ha detto all’Ips che, anche in questo caso, i cubani fanno di necessità virtù: «I muratori che ho ingaggiato  riciclano da soli le macerie, li macina e li separano. Ed è un aiuto perché i materiali sono difficili da trovare…  rastros (i magazzini statali) sono lontani e gli intermediari accaparrano tutto e alzano i prezzi».

La vicedirettrice generale per i materiali del ministero delle costruzioni, Delilah Díaz, ha detto all’IPS che «L’impianto di Husillo non è molto conosciuto e nemmeno l’aresco, che è come viene chiamato il materiale rmolito. Però è paradossale che lungo la strada (fino all’impianto)ci siano molti molitori privati che offrono anche loro lo stesso prodotto. La politica del riciclo dei materiali e i risultati economici ottenuti dalle persone che vi si dedicano, significa che c’è sempre più interesse, è qualcosa che crescerà: risorse naturali sono finite, mentre il riutilizzo e il riciclaggio non danneggiano l’ambiente».

Ma è propri riguardo all’ambiente (anche di lavoro) che Cuba deve ancora fare molti passi avanti in questo settore. Il reportage dell’Ips descrive camion carichi di detriti edili che passano su strade malconce e polverose, molti dei quali invece di andare negli impianti di riciclaggio si dirigono direttamente verso le discariche dell’Avana, dove la cattiva gestione dei rifiuti costituisce un problema anche sanitario causato  da fattori che vanno da una raccolta inefficiente fino a una scarsa educazione ambientale cittadina.

Ma le case di Cuba sono spesso vecchie e deteriorate e vengono abbattute e, insieme all’attuale boom edilizio,  producono crescenti volumi di macerie. Fonti ufficiali stimano che dal 2012 la capitale, con i suoi comuni ad alto tasso di demolizione come La Habana Vieja, ha prodotto 1.200 m3 di macerie al giorno. E la domanda di materiali da costruzione cresce mentre si consolidano le riforme economiche dell’ex presidente Raúl Castro e che il nuovo presidente cubano, Miguel Díaz-Canel, ha assicurato che continuerà, però senza grandi investimenti pubblici nell’industria edile.

L’Ips spiega ancora che, oltre ai danni causati dagli uragani, ad aver fatto esplodere la domanda di abitazioni e materiali eduli a Cuba sono  state «Misure come la vendita di case, concessione di sussidi a persone con redditi bassi e crediti per riparare e costruire alloggi, permessi per costruire più flessibili, favorire la piena espansione di aziende private e cooperative e gli investimenti esteri».

Secondo fonti ufficiali cubane, «L’attuale deficit immobiliare si attesta a 883.050 unità» e la Díaz ha spiegato che l’iniziativa del governo per favorire gli insediamenti produttivi punta a «Rafforzare la produzione locale per alleggerire un po’ la pressione dell’industria nazionale, in modo che possa dedicarsi alle grandi opere e alle previsioni del Paese per il suo sviluppo».

Dal 2012 a 2017, le 168 unità produttive cubane che attualmente si occupano di riciclare detriti hanno lavorato, tra gli altri prodotti, 316.000 m3 di inerti, 13 millioni di mattoni, 40 milioni di blocchetti di cemento, 24.000 coperture solide, 50.000 tavole e lavatoi di calcestruzzo, 37.000 serbatoi di cemento per l’acqua e 3.049 chilometri di tubi flessibili e 820.000 connessioni in plastica. Le autorità cubane lo considerano il programma più dinamico dell’intera industria del riciclaggi  e l’architetto Mirta García conclude; «La produzione locale di materiali in zone periferiche delle città o in piccole urbanizzazioni distanti, è la soluzione ideale. Però occorre disporre di una gamma di prodotti che siano ottenuti con una tecnologia avanzata. Cuba ha di fronte grandi sfide nel campo delle costruzioni. Le richieste di investimenti che garantiscano il processo di sviluppo della costruzione sono rimaste insoddisfatte per la situazione economica del Paese», dopo la “recaída económica” che Cuba sta subendo dal 2016 con la crisi in Venezuela e con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca.

Notizia tratta dal sito www.greenreport.it

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