Per lo sviluppo sostenibile della geotermia serve un «intenso lavoro congiunto con i territori»

Adele Manzella, geologa e Primo Ricercatore all’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), svolge da anni un ruolo di primo piano a livello europeo e internazionale per lo sviluppo sostenibile della geotermia, ed è stata recentemente chiamata a ricoprire il ruolo di presidente dell’Unione geotermica italiana (UGI). L’abbiamo intervistata.

È stata presentata a Pisa la “Vision for deep geothermal”, che lei ha contribuito a redarre sotto il cappello dell’Ue con la European Technology & Innovation Platform on Deep Geothermal (ETIP-DG). Che cosa s’intende per geotermia profonda?

«Abbiamo utilizzato questo termine non tanto per connotare una profondità specifica, bensì per distinguere le tecnologie da quelle definite shallow geothermal che erano comprese nella Heating&Cooling Platform già esistente. Le tecnologie deep geothermal comprendono quelle utilizzate per la produzione di energia elettrica, per i grandi impianti di tele-riscaldamento e -raffrescamento, e per tutti gli usi termici compreso lo stoccaggio termico, gli impianti di cogenerazione, in cascata ed ibridi».

Ad oggi sono attive 102 centrali geotermoelettriche in 7 paesi europei, con una capacità installata pari a circa 2,5 GWe, in grado di produrre 14,6 TWh di elettricità ogni anno. A quanto ammonta il potenziale ancora inespresso in Europa?

«Secondo quanto abbiamo calcolato nel progetto europeo GEOELEC qualche anno fa, con condizioni economiche attuali il potenziale europeo stimabile al 2030 è di 34 TWh, ma con lo sviluppo di tecnologie ancora più performanti e innovative si potrebbe arrivare nel 2050 a moltiplicare tale cifra di 50 volte».

Il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici assorbe circa la metà della domanda di energia europea, e la geotermia è una fonte rinnovabile in grado di soddisfare questo importante segmento di mercato. Oggi esistono 280 reti di teleriscaldamento geotermico in 24 Paesi europei, per 4.8 GWth. In questo settore quali sviluppi si attende?

«Questo settore ha enormi potenzialità di sviluppo, considerato che una gran parte di città europee hanno a disposizione acquiferi con temperature utilizzabili anche con le attuali tecnologie. Inoltre il trend è di sviluppare tecnologie che utilizzino temperature sempre più basse, rendendo il costo più competitivo (occorrono pozzi meno profondi, quindi meno costosi)».

Pensa che l’accordo per la Direttiva rinnovabili Red II trovato tra Consiglio, Parlamento e Commissione Ue (che ha portato dal 27 al 32% l’obiettivo al 2030 di produzione da Fer) sia adeguato per stimolare in Europa lo sviluppo delle fonti pulite, e la geotermia in particolare?

«Indubbiamente è un grande traguardo per lo sviluppo delle rinnovabili, ma per la geotermia penso ci sia ancora molta strada da fare in Italia. Mi riferisco in particolare alla SEN e alla bozza di decreto sui sistemi di incentivazione per le fonti rinnovabili, che non forniscono strumenti adeguati ad uno sviluppo delle applicazioni geotermiche».

In Toscana si è riusciti nel 1904, per la prima volta al mondo, a ricavare elettricità da geotermia; ad oggi però l’installazione di nuovi impianti geotermici sul territorio appare limitata. Quali ritiene siano le priorità per ridare vigore alla coltivazione di quest’energia rinnovabile nel nostro Paese?

«Io credo sia necessario iniziare a fare un intenso lavoro di progettazione congiunta con i territori, comprendendo tutti i cittadini. Fino ad oggi abbiamo lasciato troppo spazio ai malumori, alle paure, agli interessi di chi muove un elettorato con slogan simil-ambientalisti che riducono la fiducia nelle istituzioni. Occorre anche far comprendere che con la geotermia si possono fare molte cose, non solo produzione elettrica, e a vantaggio di tutti».

Da quest’anno è stata chiamata a presiedere l’Unione geotermica italiana (UGI). Quali saranno le priorità del suo mandato?

«In linea con il ruolo di UGI il mio primo mandato è quello di informare e promuovere. Intendo rafforzare questa attività, organizzando e fornendo dati non solo sulla produzione elettrica e termica, ma anche sugli aspetti economici, ambientali e sociali. Grazie al fatto che, nel ruolo di ricercatrice CNR, partecipo a molte attività internazionali, ho sottomano molti documenti attuali che vorrei tradurre in italiano sia per farli conoscere bene anche in Italia che, per quanto possibile, calare nella realtà italiana. Cercherò di promuovere anche azioni propositive, ad esempio elaborando proposte su valutazioni ambientali complete e trasparenti, sensibilizzando le Istituzioni e i cittadini».

Notizia tratta dal sito www.greenreport.it

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