L’estate è tornata, e con lei il bisogno di trovare conforto dal caldo: gli impianti di condizionamento hanno ripreso a funzionare a pieno regime ma, paradossalmente, il loro utilizzo ha un ruolo importante nel riscaldamento globale che alza le temperature (non solo estive) per tutti noi. Come emerge dall’analisi condotta da Dnv Gl – uno dei principali enti di certificazione a livello mondiale – attualmente il condizionamento dell’aria e il refrigeramento rappresentano il 17% della domanda globale di energia elettrica.
Nonostante i sistemi di raffrescamento siano diventati più efficienti nel tempo, ad oggi continuano a utilizzare una significativa quantità di energia, oltre – in alcuni casi – a emettere gas fluorurati, che hanno un impatto potenziale sul riscaldamento globale addirittura superiore a quello del CO2.
Dunque la temperatura del pianeta si innalza e la domanda di raffrescamento cresce, creando al contempo un ulteriore margine per l’aumento del riscaldamento globale: vogliamo rinfrescarci e, paradossalmente, ci riscaldiamo ancora di più. La soluzione al dilemma naturalmente non sta nel patire l’afa, ma nell’utilizzare i sistemi di condizionamento con parsimonia e soprattutto intelligenza, ovvero impiegando le tecnologie più pulite: la sola gestione più efficiente degli impianti di condizionamento esistenti porterebbe da sola al risparmio dell’emissione di ben 89,7 giga-tonnellate di CO2
Le tecnologie di raffrescamento ad oggi più comuni e diffuse, infatti, sono per la maggior parte sorpassate e fortemente inquinanti. Al contrario le più recenti innovazioni tecnologiche nel campo, come ad esempio l’utilizzo dell’energia solare termodinamica, che sfrutta l’energia solare per il raffrescamento degli edifici – con impianti a raffrescamento solare sono già diffusi in città come Vienna e Copenaghen – permettono di consumare dal 30 al 90% in meno rispetto all’aria condizionata tradizionale.
Un’altra e forse ancora più interessante risorsa rinnovabile da impiegare per il raffrescamento è la geotermia, che tra l’altro presenta nel territorio nazionale un contesto geologico particolarmente interessante al suo sviluppo; nel nostro Paese come del resto in Europa circa la metà dell’energia totale consumata viene impiegata per la climatizzazione degli edifici residenziali, industriali e del terziario, e circa il 20% della popolazione europea vive in regioni dove la temperatura nel sottosuolo a 2mila metri di profondità è più alta di 60 °C, dunque adattissima a usi diretti della geotermia per il riscaldamento e raffrescamento degli edifici.
Naturalmente, l’impiego di risorse rinnovabili a fini di condizionamento potrebbe essere molto utile no solo per il singolo cittadino che voglia climatizzare la propria abitazione, ma ancor più per i grandi consumatori di energia, che appartengono anche ai settori più innovativi dell’economia. Ad esempio un polo importante della domanda di raffrescamento globale è costituita dai data center, centri di immagazzinamento dei big data densi di tecnologia che, nel processare l’enorme mole di informazioni, genera una altrettanto ingente mole di calore. I data center richiedono rilevanti masse di refrigeramento: il mercato del raffrescamento di questo tipo di edifici aumenterà di più di $14 miliardi entro il 2021. Una cifra più che rilevante se si pensa che in generale il valore del mercato del condizionamento dell’aria nel mondo è stimato in più di $24 miliardi entro il 2020, e 1,6 miliardi di nuove unità saranno vendute entro il 2050. In totale la domanda energetica per il raffrescamento aumenterà del 72% nel solo continente europeo entro il 2030 e supererà quella per il riscaldamento entro il 2060. Numeri che spiegano quanto sia importante approvvigionare questi sistemi con fonti pulite e rinnovabili.
«La crescente richiesta di condizionamento è principalmente dovuta alla concentrazione della classe media nelle aree urbane – commenta Luca Crisciotti, ceo di Dnv Gl Business Assurance – Nelle città, l’utilizzo di condizionatori può aumentare le temperature di più di 1°C localmente, peggiorando il fenomeno delle isole di calore, secondo cui si determina un microclima più caldo all’interno delle aree urbane cittadine nei confronti delle aree circostanti, a prevalenza rurale. Il pianeta, però, ci impone di trovare soluzioni più intelligenti, più “smart”, per soddisfare questa nostra esigenza».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it