I rifiuti potrebbero diventare le nuove miniere europee

Gli scienziati stanno cercando di capire come recuperare metalli che sono in Europa sono presenti in quantità limitata, estraendoli da materiali che vengono spesso gettati via o utilizzati in applicazioni di bassa qualità e sperano che questo recupero di metalli contribuirà anche a ridurre l’impatto dell’industria sull’ambiente.

Come evidenzia Horizon »Attualmente, la maggior parte dei matalli utilizzati delle industrie europee è importata , il che significa che le forniture possono essere influenzate dall’instabilità nei Paesi in cui vengono estratte. Possono anche essere soggette a decisioni politiche per limitare le esportazioni o introdurre tariffe come quelle imposte sull’acciaio e sull’alluminio dagli Stati Uniti».

Il progetto CHROMIC punta a ridurre questa dipendenza cercando di recuperare i metalli da rifiuti e sottoprodotti che sono già nell’Ue. La coordinatrice del progetto, la belga Liesbeth Horckmans del Flemish Institute for Technological Research (VITO), spiega: »Vogliamo sviluppare tecnologie che possano aiutare l’Europa a essere più autosufficienti in futuro per quanto riguarda importanti risorse di metallo. La nostra idea è di assicurarci di avere la nostra scorta, o almeno parte, in modo che possiamo essere più autosufficienti».

CHROMIC si concentra su un gruppo di metalli che sono comunemente usati nella vita di tutti i giorni: cromo, vanadio, molibdeno e niobio. Tutti e quattro questi metalli vengono aggiunti all’acciaio per renderlo più durevole o aumentarne la sua resistenza, ma il cromo è anche un prezioso prodotto chimico e un pigmento. Le leghe di vanadio sono ideali anche per realizzare i telai e gli ingranaggi delle biciclette, mentre il niobio, grazie alle sue proprietà ipoallergeniche, è utilizzato nelle protesi e nei pacemaker. Il molibdeno si trova nelle armature militari, in componenti degli aerei e nei fertilizzanti.

Però, circa il 45% del cromo viene importato in Europa dall’estero mentre il 100% degli altri tre metalli viene importato da Sudafrica, Brasile, Usa, Cina, Russia, Kazakistan e Turchia. Ognuno di questi metalli si trova in quantità significative in sottoprodotti industriali che spesso nell’Ue vengono scartati.

La Horckmans ha detto a Horizon: «Ci stiamo concentrando sulle scorie d’acciaio, sulle scorie dell’acciaio inossidabile e scorie di ferro bianco» Il suo team sta studiando le nuove scorie prodotte, anche se hanno già preso in considerazione l’escavazione di vecchie discariche industriali.

Tuttavia, l’estrazione di metalli da residui industriali non è facile: i metalli sono presenti come particelle fini che devono essere separate dal resto dei rifiuti. Per poterlo fare, la Horckmans e il suo team stanno sviluppando diversi metodi, compreso l’uso di campi magnetici per estrarre particelle metalliche e di acqua per dissolvere il metallo in modo che possa essere recuperato dalla soluzione.

La ricercatrice belga spiega ancora: «Stiamo sviluppando un nuovo processo basato su una combinazione di tecnologie nuove ed esistenti, con il quale possiamo recuperare particelle metalliche (da alcune scorie) che possono essere reintrodotte direttamente nel processo dell’ acciaio».

Basandosi sui giacimenti su cui sta indagando, il team del CHROMIC pensa che con le sue tecnologie si potrebbero recuperare circa 91.000 tonnellate di questi metalli all’anno, equivalenti al 5-10% del consumo annuale dell’Ue. Ma queste tecniche potrebbero essere applicate ad altri tipi di rifiuti e scorie industriali, come le ceneri degli inceneritori.

Inoltre, la Horckmans e i suoi colleghi stanno studiando come riutilizzare il materiale rimasto dopo aver estratto il metallo perché «I metalli in genere rappresentano meno del 5% dei rifiuti, quindi l’intero processo non sarebbe sostenibile se il resto non fosse riutilizzato».

Per esempio, scorie contenenti metalli vengono già utilizzate nel settore edile come aggregati in calcestruzzo o dell’asfalto, quindi i rifiuti residui potrebbero essere destinati a usi simili. Ma il materiale lasciato dopo che il metallo è stato rimosso sarà composto da grani più fini, mentre le scorie originali sono grumose.

Il team ha sviluppato un metodo per produrre mattoni da questo materiale modellandoli in blocchi rettangolari e utilizzando anidride carbonica per creare una reazione che cementa insieme le particelle. «E’ una delle applicazioni che vogliamo testare – ha detto la Horckmans – Il progetto rappresenta il movimento noto come economia circolare, che mira a riutilizzare i materiali di scarto per nuovi scopi».

Un altro progetto, METGROW +, si rivolge a metalli diversi: punta a recuperare nichel, zinco e rame dai fanghi e dai residui rimasti dalla produzione di metalli come l’acciaio inossidabile e lo zinco. Ma è anche interessato a metalli meno comuni come indio, gallio, germanio, cobalto e cromo, alcuni dei quali vengono usati per fabbricare computer, elettronica di consumo e batterie.

il coordinatore del progetto, il finlandese Päivi Kinnunen del VTT Technical Research Centre, soiaga a sua volta a Horizon: «Quello che stiamo cercando di sviluppare non è specifico per un materiale», Infatti hanno selezionato rifiuti che si trovano in tutta Europa, in modo che i loro risultati possano essere ampiamente utilizzati. Il team di METGROW + sta sviluppando nuove tecnologie che possono essere combinate con i processi esistenti per estrarre i metalli in modo economicamente fattibile. Il contenuto di metallo presente nei rifiuti è molto basso e spesso sono necessari diversi trattamenti per recuperarlo. Attualmente, stanno conducendo diversi progetti pilota in Finlandia, Polonia, Belgio e Spagna per testare le diverse tecniche su diversi fanghi di materiali di bassa qualità. «Stiamo cercando di ottenere la migliore combinazione di tecnologie diverse«, conferma Kinnunen.

Se avranno successo, i risultati potrebbero cambiare i giochi: ad esempio, attualmente importa quasi il 100% del suo fabbisogno di indio e i ricercatori pensano di poterne produrre l’80% dalle fonti a cui puntano. Per il gallio, dovrebbero essere in grado di estrarre il 30% della fornitura richiesta.

«Penso che esista un potenziale enorme – conclude Kinnunen – Anche il materiale residuo, che normalmente finirebbe in discarica, riceverà una seconda vita. Finora, stiamo studiando se può essere utilizzato per creare materiali da costruzione trasformandolo in una sostanza simile al cemento».

Notizia tratta dal sito www.greenreport.it

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