Riprogettare radicalmente gli aerei per rendere più sostenibili i voli e il cielo più greeen

L’aviazione rappresenta il 3% di tutte le emissioni di gas serra dell’Unione europea ed è considerata una delle forme di trasporto più dannose per l’ambiente. Come spiega Horizon, sono stati quasi 1 miliardo i passeggeri che nel 2016 hanno solcato i cieli europei e il loro numero continua ad aumentare, «La crescita dell’aviazione europea è stata sbalorditiva. L’effetto è che, anche se molte altre industrie stanno riducendo le emissioni di gas serra grazie all’efficienza e alle nuove tecnologie, l’impatto dell’aviazione è in aumento».

Una persona che vola da Londra a New York e ritorno produce all’incirca lo stesso livello di emissioni dell’utilizzo del riscaldamento domestico di un europeo medio in un anno e infinitamente di più della media di consumo di energia annuo di un cittadino di un Paese povero.

Durante la recente Transport Research Arena conference tenutasi a Vienna, Hans Joachim Schellnhuber, direttore del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK) ha detto che evitare di prendere l’aereo è stata la migliore opzione per proteggere l’ambiente. Ma Sergio Barbarino, presidente di Logistics innovation through collaboration in Europe (Alice), si tratta di uno scenario improbabile: «Non possiamo semplicemente dire alle persone che non possono più andare in vacanza nelle Isole Canarie».

I viaggi aerei fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, ma non c’è dubbio che occorre trovare nuovi modi per diminuire il loro impatto su ambiente e clima. «Un’idea – spiega Horizon – è quella di ridisegnare radicalmente l’ala di un aeromobile in modo che richieda molto meno carburante». Si tratta proprio di quello che sta facendo il progetto Prandtlplane ARchitecture for the Sustainable Improvement of Future AirpLanes (Parsifal) che vede come capofila l’università di Pisa e al quale collaborano partner tedeschi, francesi e olandesi.

Per il loro design degli aerei ad “ala chiusa” il team di Parsifal si è ispirato al famoso ingegnere aeronautico tedesco Ludwig Prandtl, considerato il padre dell’aerodinamica. «Nel 1924 – spiega ancora Horizon – Prandtl ebbe un’idea per un aereo con un’ala insolita che ridusse il coefficiente di resistenza aerodinamica e migliorò l’efficienza aerodinamica, ma all’epoca l’idea fu largamente ignorata». Alla fine degli anni ’90, Aldo Frediani dell’università di Pisa e coordinatore del progetto Parsifal, dimostrò matematicamente che la teoria delle ali di Prandtl era plausibile. Poi Frediani e il suo team cominciarono a lavorare sulla progettazione di un nuovo aeroplano ad ala chiusa basato sul concetto originale di Prandtl.

Lo scienziato italiano sottolinea che «I risultati teorici possono essere utilizzati per definire una nuova configurazione, la nostra configurazione». E il PrandtlPlane è qualcosa che sconvolge il concetto attuale di ala di aeroplano: invece di due ali separate ai lati della fusoliera, l’aereo ispirato a Prandtl ha un’ala chiusa, senza estremità alari. Questo riduce la resistenza all’aria dell’aereo e quindi c’è un minor consumo di carburante, cosa particolarmente importante durante il decollo e l’atterraggio, le fasi del volo aereo durante le quali di solito si consuma più carburante e si emettono più gas serra.

Frediani è convinto che «Questi velivoli saranno molto più convenienti dal punto di vista del consumo di carburante, dell’inquinamento acustico e delle emissioni».

Il team di Parsifal ha già sviluppato un piccolo prototipo di PrandtlPlane, ma l’idea è quella di concentrarsi su aerei passeggeri di medie dimensioni, con l’obiettivo di aumentare il numero di persone trasportate per volo da circa 180 a 310.

Per quando progetto Parsifal terminerà, nell’aprile 2020, i partner sperano di completare l’intero progetto strutturale e aerodinamico del PrandtlPlane. Secondo i ricercatori «L’aereo potrebbe volare per 10 – 15 anni, a seconda dei controlli di sicurezza e dell’interesse dei produttori di aeromobili».

I prossimi obiettivi di Parsifal sono: perfezionare l’aerodinamica, la posizione del motore e i controlli, mentre il dipartimento di economia dell’Università di Pisa sta lavorando per determinare le prestazioni economiche previste per l’aereo ad ala chiusa. Per Frediani, «Questa soluzione potrebbe cambiare completamente il trasporto aereo del futuro».

Ma per far volare l’aereo ad ala chiusa saranno necessari grossi investimenti industriali e frediani avverte che se l’idea verrà presa immediatamente in considerazione da un produttore di aeromobili, «Gli aerei basati sul progetto Parsifal potrebbero volare entro 20 anni circa. Per i nuovi modelli, l’industria dell’aviazione ha un tempo di attesa di almeno 10 anni per ricevere la certificazione e volare, se si basano su configurazioni esistenti. Per un progetto basato su un concetto diverso, i vari passaggi necessari richiederebbero più tempo». Ma Frediani aggiunge che in realtà non la tecnologia coinvolta non nuova: «Stiamo partendo da sistemi, strutture, materiali, motori e così via che sono già disponibili. Il concetto di box-wing potrebbe eliminare una serie di vincoli per la configurazione di questi component. Ad esempio, consentirebbe di montare i motori sui lati della fusoliera piuttosto che sotto le ali. Questa specificità significa che potrebbero essere utilizzati motori più grandi e più efficienti e che il design sarebbe in grado di adattarsi ai probabili sviluppi futuri della tecnologia di propulsione».

Intanto, altri ingegneri si ispirano alla natura per sviluppare componenti aeronautici stampate in 3-D che potrebbero ridurne il peso fino al 30%. Minore è il peso di un aereo, minore è il consumo di carburante, con conseguente riduzione significativa delle emissioni di CO2.

Melanie Gralow è un ingegnere che progetta biomimetica per il progetto Bionic Aircraft, che sta studiando soluzioni ispirate alla natura per migliorare i componenti e la costruzione degli aeroplani. ed evidenzia che «Le superfici sottili o le barre tendono a deformarsi molto facilmente durante il processo di produzione. Si possono irrigidire applicando una certa struttura superficiale. La struttura a nido d’ape è una di quelle strutture bio-ispirate che possono essere utilizzate per irrigidire una parete senza aggiungere troppo peso».

Bionic Aircraft si ispira anche ai fili d’erba che sopportano la forza del vento flettendosi proprio come alcuni componenti degli aerei. «I carichi flettenti – spiegano i ricercatori – sono forze che agiscono su una struttura lateralmente e quindi possono provocarne la piegatura». La Gralow aggiunge: «Un filo d’erba è cavo all’interno e ha un sistema a doppia parete, ne ha bisogno per resistere alla forza del vento in natura, ma nel mondo tecnico anche i montanti devono resistere alla flessione. Applicando il sistema a doppia parete ai montanti, possiamo renderli più leggeri, ma allo stesso tempo rigidi quanto devono essere».

Per realizzare queste parti complesse, estremamente dettagliate e leggere, il team utilizza stampanti 3D con tecnologia a raggio laser. Ma i ricercatori dicono che queste stampanti sono ideali per piccoli lavori di precisione, ma per riuscire a stampare un intero aereo in questo modo bisogna ancora lavorare molto.

La Gralow conclude: «Per ora, l’obiettivo è quello di concentrarsi sulle parti più piccole perché gli spazi di costruzione delle attuali stampanti sono limitati. Le stampanti commerciali più grandi hanno una larghezza di circa 40 – 50 centimetri, stabilendo così il limite massimo per le attuali parti metalliche stampate in 3D».

Notizia tratta dal sito www.greenreport.it

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