Sarà a Frascati il Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla fusione nucleare

La fusione nucleare, processo opposto alla fissione, si propone di riprodurre il meccanismo fisico che alimenta le stelle per ottenere energia rinnovabile, sicura, economicamente competitiva, in grado di sostituire i combustibili fossili e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Un sogno che il mondo insegue da decenni, sogno che finora si è rivelato molto costoso senza aver ancora raggiunto il traguardo di un impianto finito e fruibile (anche se negli ultimi 20 anni attorno alla fusione nucleare sono nati oltre 50 brevetti con ricadute significative per le industrie nazionali), tanto da far sospettare alcuni che – in tempi di risorse economiche assai scarsi – sia meglio abbandonare definitivamente il progetto e dirottare i finanziamenti verso le fonti pulite già consolidate, dal solare alla geotermia.

La scommessa della fusione nucleare è però troppo allettante e il sogno trova nuova linfa per vivere, con un centro d’eccellenza tutto italiano. Il Consiglio di amministrazione dell’Enea ha appena approvato la Relazione conclusiva con la graduatoria finale delle nove località candidate ad ospitare la Divertor Tokamak Test facility (Dtt), il Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla fusione nucleare: sulla base dei requisiti tecnici, economici ed ambientali richiesti, il punteggio più elevato è stato assegnato dall’apposita Commissione di valutazione al sito di Frascati (Roma), seguito da Cittadella della Ricerca (Brindisi) e Manoppello (Pescara).

«Dai sopralluoghi effettuati nei 60 giorni di istruttoria e dall’esame della documentazione ricevuta, sono emerse indicazioni fattuali per valutare l’idoneità dei siti; a ogni requisito è stato associato uno specifico punteggio per elaborare la graduatoria – ha dichiarato il presidente della Commissione Alessandro Ortis, già Presidente dell’Autorità per l’energia – È stato un percorso laborioso e di grande impegno, facilitato da un apprezzatissimo dialogo di approfondimento con le amministrazioni regionali e locali che hanno assicurato un apporto di qualità al lavoro della Commissione».

La Dtt – come ricordano dall’Enea – nasce per fornire risposte scientifiche e tecnologiche ad alcune problematiche particolarmente complesse del processo di fusione (come la gestione di temperature elevatissime) e si pone quale “anello” di collegamento tra i  grandi progetti internazionali Iter e Demo, il reattore che dopo il 2050 dovrà produrre energia elettrica da fusione nucleare.

Ideata dall’Enea in collaborazione con Cnr, Infn, Consorzio Rfx, Create e alcune tra le più prestigiose università italiane, la Dtt sarà un cilindro ipertecnologico alto 10 metri con raggio 5, all’interno del quale saranno confinati 33 metri cubi di plasma con un’intensità di corrente di 6 milioni di Ampere (pari alla corrente di sei milioni di lampade) e un carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadrato (oltre due volte la potenza di un razzo al decollo). Il plasma lavorerà a oltre 100 milioni di gradi mentre gli oltre 40 km di cavi superconduttori di niobio, stagno, titanio distanti solo poche decine di centimetri, saranno a 269 °C sotto zero. Bersaglio di tutta la sorgente di potenza, il divertore, elemento chiave del tokamak e il più sollecitato dalle altissime potenze, composto di tungsteno o metalli liquidi, rimuovibili grazie a sistemi altamente innovativi di remote handling.

«Oggi  è l’Italia che vince – commenta il presidente dell’Enea Federico Testa – Perché investe sulla conoscenza e sull’energia sostenibile con un progetto che garantisce prospettive scientifiche e occupazionali positive  per tutti e, in particolare, per i giovani. Adesso  si apre la fase dell’avvio operativo che richiederà il massimo impegno per garantire il rispetto della tempistica e degli adempimenti previsti, a cominciare dalla firma di un accordo con la Regione».

L’avvio dei lavori della Dtt è atteso entro il 30 novembre 2018, con la previsione di concluderli in sette anni; saranno coinvolte oltre 1500 persone di cui 500 direttamente e altre 1000 nell’indotto con un ritorno stimato di 2 miliardi di euro, a fronte di un investimento di  circa 500 milioni di euro. I finanziamenti sono sia pubblici che privati e vedono la partecipazione, fra gli altri, di Eurofusion, il consorzio europeo che gestisce le attività di ricerca sulla fusione (60 milioni di euro) per conto della Commissione europea, il Miur (con 40 milioni), il Mise (40 milioni impegnati a partire dal 2019),  la Repubblica Popolare Cinese con 30 milioni, la Regione Lazio (25 milioni), l’Enea e i partner con 50 milioni, cui si aggiunge un prestito Bei da 250 milioni di euro.

 

Notizia tratta dal sito www.greenreport.it

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